Abbiamo vinto il primo premio della sezione scuole primarie della Provincia di Udine
Questo lavoro svolto dai bambini della terza elementare nasce da alcune attività svolte nell’area antropologica, nelle quali i bambini iniziano a prendere confidenza con l’orientamento e con la struttura di luoghi “organizzati” come il paese nel quale vivono o la città.
L’occasione offerta dalla partecipazione al Concorso ”La città che vorrei” ha dato lo spunto per scoprire in modo fantasioso e “alternativo” a come, nella mente dei bambini, sono organizzati i loro spazi ideali.
Immaginare una “Città ideale”, che potrebbe esistere solo nella fantasia, ci ha fatto comunque riflettere su quanto manca ai nostri bambini nelle città, più o meno grandi.
Il fatto che i nostri alunni vivano in una realtà locale ancora non convulsa come quella delle grandi città non è infatti garanzia di maggiori spazi a loro disposizione. Sembra di poter affermare che mancano loro i modi/tempi/luoghi dell’aggregazione, degli spazi “strutturati” ma non “organizzati” nei quali potere essere liberi e protagonisti.
Il Parco giochi attrezzato, pur se sorvegliato da adulti, è uno dei luoghi che i bambini desiderebbero vedere realizzato sul loro territorio, così come un “campo di calcio” (o per altri sport) cui poter accedere senza cancelli, preoccupazioni per l’erba o quant’altro: questi luoghi, secondo i nostri bambini, sarebbero centri di aggregazione privilegiati nel contesto del loro territorio: poter giocare assieme è e rimane desiderio ed esigenza di tutti loro.
Un’ultima considerazione: i bambini sono consapevoli dei loro limiti sul fronte dell’autocontrollo, e per questo hanno pensato che sia opportuno per loro essere sorvegliati anche in questo contesto di gioco e di fantasia. L’idea delle telecamere che li “tengono d’occho” è tutta loro, e denota comunque un senso di responsabilità e di autocritica notevole: si aspettano dunque da noi adulti un controllo discreto, ma vigile, e forse un atteggiamento meno “protettivo” e meno attento all’igiene (NON SPORCARTI) e alla cura dei loro indumenti (NON ROVINARE I VESTITI).
Ciò che di questo lavoro vorremmo rimanesse, al di là del sogno, è la possibilità per i bambini di ritrovare spazi e momenti “liberi”, seppure vigilati, un po’ più simili a quelli che forse abbiamo avuto noi nella nostra infanzia ... lo speriamo per loro.
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