Nel mese di gennaio 2012 la nostra classe ha partecipato a un laboratorio storico durante il quale abbiamo imparato a conoscere l’antico popolo dei Sumeri e, soprattutto, ci siamo divertiti a costruire un gioco da loro inventato.
La civiltà dei Sumeri
Questo popolo, inizialmente nomade, proveniva dal nord (probabilmente da quelle terre che oggi fanno parte dell’attuale Iran) e, verso il 4500 avanti Cristo giunsero in Mesopotamia. Questa parola significa “terra in mezzo a due fiumi” che sono il Tigri e l’Eufrate.
Le loro acque rendevano fertile la terra favorendo così lo sviluppo dell’agricoltura. I Sumeri, quindi, erano bravi agricoltori: dalla coltivazione dei campi ricavavano cereali, lenticchie e datteri e anche lino e sesamo da cui ottenevano olio e tessuti.
L’abbondanza dei prodotti agricoli consentiva ai Sumeri di praticare il baratto, cioè di scambiare le loro merci per ottenere quelle che non avevano. Le persone che si occupavano di questi scambi erano i mercanti che si incontravano in luoghi facilmente raggiungibili attraverso le vie di terra, ma anche attraverso il fiume con piccole imbarcazioni.
In questi luoghi strategici i Sumeri cominciarono a costruire i loro villaggi che, nel corso del tempo, divennero sempre più grandi fino a trasformarsi in città.
L'uomo costruisce le prime città
Circa settemila anni fa, l’uomo cominciò a trasformare sempre di più l’ambiente per adattarlo alle sue esigenze. I villaggi agricoli della “Mezzaluna fertile” si popolarono rapidamente e si estesero fino a trasformarsi in città. Attorno alla città, per evitare le piene rovinose dei fiumi Tigri e Eufrate e per irrigare i campi anche durante i periodi di siccità, gli abitanti costruirono argini e canali di irrigazione.
In seguito, per evitare che altri popoli entrassero e saccheggiassero le loro abitazioni, protessero la città con una cinta di mura, sorvegliata dai soldati.
Dentro la città costruirono case con i tetti piatti: le più povere erano formate da una sola stanza, le più ricche possedevano un cortile attorno al quale si affacciavano più stanze.
Al centro della città gli abitanti innalzarono il tempio dedicato alle divinità protettrici; al suo interno erano conservati gli oggetti preziosi e le scorte di cibo.
Con il tempo alcuni villaggi si unirono sotto un unico governo e formarono le prime città-stato. Le città erano governate da un re aiutato da sacerdoti e funzionari, nelle città abitavano mercanti e artigiani mentre i contadini vivevano all'esterno della zona urbana, che era fortificata con alte e solide mura di mattoni a scopo difensivo, all'interno di piccoli villaggi. Il re, aiutato da ministri, sacerdoti e funzionari dirigeva e controllava la vita dei cittadini. Le città-stato, spesso in guerra tra loro, diedero vita, nel tempo, alle prime civiltà.
I Sumeri furono i primi a costruire le città: quelle più importanti erano Ur e Uruk.
Il cuore della città sumera era la ziqqurat, un’alta piramide a gradoni all’interno della quale si trovavano, alla base, i magazzini, poi la scuola e in cima il tempio che di giorno veniva usato dai sacerdoti per le celebrazioni del culto degli dei e, di notte, veniva utilizzato come osservatorio astronomico. I sumeri si dimostrarono abilissimi astronomi e grazie ad uno studio attento e preciso furono i primi a dividere l'anno in dodici mesi e il giorno in 24 ore. Il sistema numerico da loro adottato utilizzava una base di 60 e non di 10 come il nostro, questo è il motivo per cui le ore furono divise in 60 minuti e i minuti in 60 secondi.
La base della piramide era utilizzata come magazzino per conservare le scorte della città. I sacerdoti, oltre a celebrare le funzioni religiose, avevano anche il compito di registrare il tipo e la quantità dei prodotti che venivano portati alla ziqqurat. Dovevano segnare le entrate e le uscite e verificare che ciascuno avesse versato il tributo che doveva. Era quindi un compito faticoso che richiedeva una memoria infallibile, ma non bastava perché, spesso tra funzionari e contadini sorgevano delle contestazioni. Per porre rimedio a questi problemi nel 3250 avanti Cristo i sacerdoti cominciarono a confezionare delle “bulle”, cioè delle palle d’argilla che poi scavavano. Nella parte interna mettevano dei “calcoli”, cioè delle pietruzze di forme diverse che indicavano il numero degli oggetti che componevano il carico. All’esterno imprimevano il loro sigillo personale, perché la bulla non potesse essere manomessa.
In un secondo momento, l’impronta dei calcoli venne incisa sulla parte esterna della bulla, finchè si capì che le incisioni si potevano fare su una comoda e piatta tavoletta di argilla. Ai segni che rappresentavano la quantità i sacerdoti aggiunsero quelli per indicare i tipi di prodotti trasportati.
All’inizio erano dei disegni molto semplici, chiamati pittogrammi,tracciati su tavolette di argilla fresca, i quali rappresentavano i prodotti che arrivavano nel magazzino. I pittogrammi, però, riuscivano ad indicare un oggetto, ma non un nome proprio, un verbo o una parola astratta. Con il passare del tempo, i Sumeri elaborarono un tipo di scrittura più funzionale, scomponendo le parole in pezzi a cui corrispondeva un segno. Poiché ai segni che componevano le parole essi diedero la forma di un chiodo o cuneo, la scrittura sumerica venne chiamata scrittura cuneiforme.
Nella fase iniziale la scrittura era composta sulle tavolette d'argilla dove si incideva la figura degli oggetti da rappresentare e gli eventuali segni numerici. L'incisione dell'argilla con una punta rendeva poco nitidi i disegni e provocava il distacco di frammenti d'argilla. Questo rendeva necessarie continue operazioni di ripulitura dei segni mentre venivano incisi sulle tavolette. Per evitare questo inconveniente, si passò ad imprimere dei tratti rettilinei per mezzo di uno stilo. Però, in questo modo i disegni vennero alterati. Le curve furono sostituite da tratti rettilinei e di conseguenza le figure persero il loro realismo. Nel corso dei secoli, i simboli usati dai popoli della Mesopotamia subirono un processo di schematizzazione. Alla fine le figure erano diventate irriconoscibili. Divennero quindi dei simboli astratti il cui significato non era più legato alla figura originale che ora non era più possibile riconoscere. Fu così che la scrittura sumera venne arricchita di simboli aventi valore fonetico i quali permettevano di comporre parole che non era possibile rappresentare con una figura, come i nomi propri ed i concetti astratti. Furono, inoltre, introdotte figure che rappresentavano oggetti naturali, azioni, etc. La scrittura che si originò era mista, conteneva cioè pittogrammi e fonogrammi, oltre che segni numerici.
I sumeri abitavano in Mesopotamia, una terra attraversata da due fiumi e che era ricca di acquitrini e di fango. Per scrivere, trovarono comodo usare tavolette d'argilla. All'inizio, per indicare un oggetto i sumeri usavano disegnarne la figura (pittogrammi). Essi usavano anche dei simboli per indicare dei prodotti agricoli o animali d'allevamento. Per esempio, con una croce all'interno di un cerchio (ideogramma) indicavano una pecora.
In questo modo era facile indicare prodotti agricoli con un disegno o con un simbolo, invece era più difficile scrivere il nome di una persona. Per risolvere questo problema, qualcuno pensò di utilizzare delle parole corte e di unirle come facciamo con i rebus. Quindi, intorno al 3000 avanti Cristo, vennero introdotti altri segni che venivano usati non per rappresentare un oggetto, ma il suo nome. Per esempio, in sumero la testa si diceva "lu" e la bocca "ka". Leggendo in successione come fonogrammi il disegno della testa e quello della bocca, si può ricavare il nome moderno di "Luca". In questo modo si poterono indicare anche i nomi delle persone che erano coinvolte nello scambio delle merci e si poterono anche scrivere parole astratte.
Dovettero però passare diversi secoli prima che a qualcuno venisse in mente di usare la scrittura per scopi diversi da quelli commerciali. Una delle più antiche scritte funerarie sumere risale al 2700/2600 avanti Cristo e indica il nome e la professione del defunto. Nel 2400 avanti Cristo, un sovrano sumero descrisse le proprie gesta in un testo abbastanza lungo. Nel 2.000 avanti Cristo, la scrittura era usata per scopi diversi: nei testi di scuola, per scrivere lettere, comporre poemi. La scrittura sumera era dunque un sistema misto che usava simboli convenzionali alcuni dei quali rappresentavano oggetti ed altri rappresentavano suoni.
I Sumeri non si sono occupati solo di merci, ma hanno usato la scrittura anche per comunicare e raccontare come si svolgeva la loro vita.
Lo scolaro bighellone
Tra i primi documenti scritti, vi sono quelli che raccontano le vita di alcuni bambini di cinquemila anni fa. In questo racconto, che risale al 2000 avanti Cristo uno scriba sumero rimprovera il suo alunno
- Dove sei stato?
- Da nessuna parte.
- Se non sei stato da nessuna parte, perché ti gingilli come un buono a nulla? Vai a scuola e presentati al maestro, tira fuori la tavoletta nuova e fatti scrivere qualche carattere elegante dall'assistente. Quando avrai finito i compiti e glieli avrai mostrati, torna da me senza bighellonare per strada. Non ti fermare nei giardini e non perdere tempo in strada. Sei un testardo e sono molto arrabbiato con te. Non puoi perdere tempo perché, di tutti i mestieri umani che esistono sulla terra, nessuna professione è più difficile dell'arte dello scriba.
Hanno prodotto diverse testimonianze della loro abilità di artigiani: gioielli, bracciali, oggetti vari che sono stati ritrovati nelle tombe dei re e delle regine come corredo funerario.
Per rendere meno difficile il cammino che i defunti dovevano compiere verso il mondo dei morti, i Sumeri erano soliti porre nella bara, a lato del cadavere, diversi oggetti che gli sarebbero serviti nella vita nell’aldilà.
Le numerose tombe e i cimiteri riemersi dagli scavi archeologici, stanno a dimostrare quanto fossero importanti le sepolture per questo popolo.
Fin dagli inizi della loro civiltà, al corpo del defunto veniva prestata grande attenzione: dopo essere stato "purificato" con l'acqua, veniva rivestito di una tunica nuova, il più delle volte stretta da una cintura in vita. Tanto più era ricco il defunto, tanto più la cintura era arricchita di gemme preziose. Portato su una specie di lettiga nella tomba, di solito una fossa scavata nella terra, il defunto veniva posto, nel luogo di sepoltura, in una bara di legno, piena di doni: era questo l'omaggio che i gli amici e i parenti gli facevano per rendergli più dolce il cammino che stava per intraprendere. Al defunto venivano anche lasciati i suoi oggetti personali. Spesso, poi, il cadavere, anziché essere lasciato disteso o adagiato sulla parte destra, veniva sepolto in maniera raggomitolata, una posizione che ricorda quella del bambino nel ventre materno come a voler dire che l’uomo con la morte ritorna alla madre terra.
Fra gli oggetti ritrovati nella necropoli reale c’è la “tavola reale di Ur” che noi abbiamo ricostruito durante l’attività di laboratorio.
Il cimitero reale di ur
Se alla gente sumera veniva assicurata una dignitosa sepoltura, grandiosa era quella riservata ai sovrani. In particolare, la necropoli dei principi della città di Ur, importante centro a sud-est di Uruk, è un grande esempio dell'arte, della cultura, delle tradizioni di questa civiltà. Ritrovato circa una settantina di anni fa, il cimitero reale ha oltre milleottocento tombe, ricchissime di corredi funerari: dagli elmi,agli ornamenti per capelli, dai recipienti d'oro e d'argento, agli strumenti musicali con preziosi lavori d'intarsio e guarnizioni in metallo e pietre preziose, dalle spade ai pugnali.
Mentre al di sopra del suolo si vede una costruzione in muratura, con una volta a forma di cupola, all'interno una rampa conduce alle vere e proprie tombe sotterranee. è stata ritrovata la tomba del re Abarage e della sua consorte, la regina Puabi: con loro erano stati sepolti i soldati con gli elmi e le armi, sacerdoti e musicanti, uomini e donne di corte con ornamenti d'oro, lapislazzuli e corniola, servi, addirittura carri con i buoi, asini e leoni.
Una ottantina di personaggi, molto probabilmente morti volontariamente per seguire la sorte dei loro principi: infatti, accanto a quei corpi, vengono trovati calici, che si suppone contenessero appunto veleno. Molto elegante è il corredo funebre della regina: sepolta in una bara di legno, con una tazza d'oro accanto alla mano, ha la parte superiore del corpo completamente nascosta da un insieme di grani d'oro, argenti, lapislazzuli e corniola. Quasi un mantello che la proteggeva.
Si tratta di un gioco di corsa in cui il vincitore è il primo che riesce a completare il percorso della tavola. È formato da una tavoletta suddivisa in caselle, da sette pedine bianche, da sette pedine nere e da un dado a forma di piramide.
Ogni giocatore può avanzare lanciando un dado e spostare la sua pedina secondo lo schema (disegno schema tavola di Ur). I giocatori hanno in comune le caselle 5, 6, 7, 8, 9, 10, 13 e 14. Se la pedina finisce nelle caselle contrassegnate dalla rosetta, il proprietario della pedina ha diritto a lanciare di nuovo il dado. Il dado permette di avanzare di una casella se cade “orizzontale, di due caselle se cade in verticale. Affinchè una pedina possa uscire dalla tavola, il dado deve dare il numero esatto corrispondente alle caselle da percorrere per uscire (se manca una casella deve uscire 1 punto e se ne mancano 2 devono uscire due punti), altrimenti bisognerà tornare indietro di 1 o di 2. Per rendere il gioco più divertente, ogni giocatore, ad ogni lancio, può inserire più pedine. Se una di queste pedine va a finire sulla casella occupata da una pedina dell’avversario, il proprietario salta un turno.
Vince chi riesce a portare fuori dalla tavola tutte le sue pedine prima dell’avversario. Attenzione, però, a non confondere le pedine!!!
Un altro gioco antichissimo era "Mehen" o "Gioco del serpente"
Mehen o gioco del serpente
Questo è un gioco egizio molto antico che si giocava, di solito, disegnando la tavola da gioco sulla sabbia,così come fanno ancora alcune tribù del Sudan.
Gli archeologi hanno recuperato alcune di queste tavole all'interno delle tombe egizie ma le regole del gioco sono andate purtroppo perdute.
Le tribù del Sudan, con cui gli egizi ebbero molti contatti in passato, riproducono questo antico gioco chiamandolo “gioco della iena”. Il gioco del serpente era probabilmente molto simile a quella della iena anche se, per gli antichi egizi,il serpente aveva un forte significato simbolico.
Proviamo dunque a giocare al “gioco del serpente” con le regole del “gioco della iena”.
Ogni giocatore ha a disposizione 2 biglie 1 dado (bastoncino di legno o cubetto) e due pedine piatte (che chiamiamo iena).
Si parte dalla coda del serpente che costituisce la prima casella e che oggi viene chiamata villaggio.
Si lancia il dado/bastoncino e a seconda del colore si ha il seguente punteggio: nero un punto, colorato due punti.
Si percorrono tutte le caselle formate dal corpo del serpente fino a raggiungere la testa, che i sudanesi chiamano pozzo, e si ritorna indietro sempre ripercorrendo le caselle e lanciando il dado.
Se due pedine si trovano nella stessa casella, quella che è arrivata per secondo salta un turno.
Ritornati alla casella di partenza la biglia si trasforma in una iena (pedina piatta) che riparte per andare a dissetarsi al pozzo, cioè al centro della tavola. La iena però avanza sulle casella con il punteggio doppio, quindi il bastoncino o dado vale 2 punti dal lato nero dal lato colorato. Se incontra qualche avversario sul suo cammino può mangiarlo.
Vince il gioco chi per primo riesce a riportare la sua iena al villaggio.
I Sumeri studiarono la matematica, tra l'altro, anche per realizzare favolose opere di ingegneria: una dimostrazione impressionante è data da questa carta dei campi e dei canali presso Nippur.